Nella casistica medica che porta i bambini alle terapie riabilitative ALYN, i tumori al cervello sono una drammatica costante. È anche la storia di Sarah, ma ha alcune varianti significative: come ha ricordato la madre Abigail, fino al ricovero in ALYN Hospital “tutto quello che poteva andare storto, è andato storto", e così il lavoro riabilitativo oltre ad impegnarsi su mobilità, respirazione e nutrizione ha dovuto coinvolgere anche un fondamentale aspetto psicologico. Un’ulteriore dimostrazione di quanto sia importante l’approccio di ALYN in questo senso.
Sarah è nata sana ed è cresciuta normalmente fino a due anni e mezzo. Poi la scoperta del tumore al tronco encefalico che l’ha portata in pochissimo tempo in sala operatoria. Non si sa come, ma l’intervento ha causato una serie di complicazioni a catena: a cominciare da una perforazione dell’esofago, per la quale sono stati necessari quattro interventi chirurgici addominali consecutivi; inoltre, Sarah ha sviluppato un'infezione fungina e la sepsi, una risposta infiammatoria alle infezioni che ha gravi potenziali conseguenze. "I medici dell’Hadassah hanno diagnosticato la necrosi nell'intestino, il che ha portato alla rimozione di una grande porzione di quest’organo." A Sarah è stato applicato uno stoma (un’apertura artificiale per permettere al corpo di espellere i rifiuti) e un tubo PEG (un tubo di alimentazione posizionato nell'addome per fornire nutrizione quando la deglutizione è compromessa). E, come se non bastasse, ha contratto la polmonite. "Più di una volta, i medici hanno dovuto salvarle la vita - ricorda Abigail - chi avrebbe mai creduto che la mia piccola ragazza, sana ed energica, sarebbe uscita dall’ospedale a tre anni con un ventilatore per la respirazione assistita, un tubo di alimentazione e uno stoma?”
Un anno fa, Sarah è stata trasferita all’Ospedale Alyn "È arrivata costretta a letto", ha detto il dottor Eliezer Barry, vicedirettore dell’Alyn e capo del dipartimento di riabilitazione respiratoria. "I tumori benigni nel suo cervello e nella sua colonna vertebrale avevano danneggiato il suo centro respiratorio, il che significa che non poteva respirare autonomamente". Durante tutto il suo percorso di riabilitazione, uno dei suoi genitori è stato sempre al suo fianco. "Abbiamo anche un figlio di nove anni a casa e dovevamo prenderci cura anche di lui - fa notare la madre - Fortunatamente, abbiamo avuto il supporto di volontari che ci hanno aiutato in questo periodo difficile".Quando Sarah è arrivata ad ALYN ha incontrato anche Meira Skuler, responsabile della fisioterapia nel dipartimento respiratorio, che l’ha sottoposta a una prima valutazione. "Quando l'ho vista, era a letto, non funzionale e molto distaccata dal personale. La lunga degenza in ospedale di Sarah, i prelievi dolorosi e le varie procedure mediche l’avevano portata a vedere il personale sanitario come parte di un gruppo che le causava dolore. Il primo passo è stato ricostruire la sua fiducia".
"Abbiamo cominciato creando dei momenti di gioia in presenza di sua madre", ricorda Skuler. "A volte facevamo cose sciocche per farla ridere. Una volta attenuata la sua paura delle persone in uniforme, abbiamo iniziato a incorporare esercizi fisici attraverso il gioco mentre era ancora sdraiata. Per esempio, quando giocavamo a carte, le davo una carta e le chiedevo di passarla a sua madre, che stava dall’altra parte della stanza".Skuler ha aggiunto che hanno lavorato sulle transizioni delle posizioni: cominciando con l’aiutare Sarah a passare da sdraiata a seduta, prima con un supporto e poi senza. Con il miglioramento delle sue capacità motorie, sono state aumentate le sfide nella sua riabilitazione. "In base ai suoi progressi, abbiamo continuato a spingerla a fare cose nuove, monitorando sempre la sua respirazione in ogni nuova posizione". Passo dopo passo Sarah ha cominciato persino a stare in piedi con un supporto speciale e ad usare le mani. "Questo l'ha aiutata a ritrovare fiducia nella sua forza. Poter muoversi le ha dato più libertà e l'ha aiutata a legare ulteriormente con il personale", Fin dall’inizio della sua riabilitazione, il team ha coinvolto i genitori di Sarah in ogni fase, sapendo che avrebbero dovuto svolgere compiti medici a casa. "All'inizio ero terrorizzata all’idea di drenare il suo catarro o di collegarla a diverse macchine - ha ammesso Abigail - Ma grazie alle istruzione e alla pazienza e al supporto che abbiamo ricevuto, sono stata in grado di allestire un mini-ospedale a casa con un ventilatore, una macchina per l’aspirazione, cateteri, tubi di drenaggio, dispositivi di alimentazione e altro."
Al momento delle dimissioni di Sarah, il team medico che l’aveva supportata durante l’ultimo anno si è commosso. "Ha raggiunto traguardi che non pensavamo fossero possibili. Vederla camminare ci ha scaldato il cuore. È una bambina così affascinante, ma l’unica cosa che la rattrista oggi è non poter mangiare 'come gli altri bambini all’asilo che ha cominciato a frequentare'".
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